I CAVALIERI DEL TEMPIO

Nati nel 1099 dopo l'assedio di Gerusalemme per difendere la Terra Santa, ancora oggi sono oggetti di studio e passione!

LE CROCIATE

L'affascinante storia delle Crociate in Terra Santa

lunedì 17 settembre 2012

I TEMPLARI E LA DUPLICE GUERRA


"Così dunque, per una singolare ed ammirabile combinazione sono, a vedersi, più miti degli agnelli e feroci dei leoni, a tal punto che esito se sia meglio chiamarli monaci o piuttosto cavalieri. Ma, forse, potrei chiamarli più esattamente in entrambi i modi, poiché ad essi non manca né la dolcezza del monaco né la fermezza del cavaliere."
San Bernardo di Chiaravalle, De laude novae militiae

Già a partire dall’anno 1128 l'Ordine dei cavalieri Templari si costituì con una particolare caratteristica: i suoi appartenenti erano infatti, al tempo stesso, sia monaci che guerrieri. Anche questo fatto permise ai Poveri Fratelli di essere ampiamente accettati all’interno della Chiesa, cosa che non sempre avvenne con tutti gli altri cavalieri. San Bernardo, che all’epoca era abate di Chiaravalle, oltre alla regola dell’Ordine scrisse per esso un particolare “Elogio della nuova cavalleria”. Qui venivano lodati i Templari per la loro religiosità, che li distingueva da tutt’altro genere di cavalleria: una cavalleria profana, che non aveva nulla a che fare con i valori cristiani, e che era composta per lo più da delinquenti in cerca di beni materiali e gloria terrena. San Beranrdo scriveva, facendo un gioco di parole, che questa “cavalleria secolare” in realtà non era una milizia ma una malizia....e che questi "cavalieri" non militavano affatto per Dio, ma per il diavolo. I Templari, al contrario, erano un ordine religioso, combattevano per la loro fede e per la gloria di Dio, non per conquistare una fama personale. Ma c'è dell'altro. I Templari erano nettamente superiori a tutti gli altri cavalieri perché la guerra che combattevano era in realtà da intendersi in senso duplice, proprio perché duplice era la natura stessa dell'Ordine: guerriera e monastica. Infatti esisteva una guerra esteriore, combattuta con la spada contro gli infedeli; ma questa guerra andava considerata quasi come una manifestazione di un'altro tipo di "guerra", ben più importante della prima, e che si svolgeva nell'interiorità. Una guerra combattuta contro le passioni, contro i "demoni", e, in generale, contro gli elementi che allontanavano da Dio. Lo stesso San Bernardo scriveva riferendosi ai Templari: "Essi combattono una duplice battaglia, sia contro la carne e il sangue, sia contro gli spiriti maligni del mondo invisibile". Se l’armatura esterna, utilizzata per difendersi dai colpi del nemico, era fatta di metallo, l’armatura “interna” era invece costituita dalla Fede del cavaliere: “Quando giunge la battaglia essi si armano dentro con la fede e fuori col ferro”.

Si ringrazia per l'articolo http://josephussblog.blogspot.it

sabato 15 settembre 2012

L'APPELLO DI CLERMONT

Delle redazioni del famoso discorso presentiamo quella più efficace e intelligente, anche se (proprio per questo) aumentano le probabilità che si tratti di un'abile forzatura per quanto concerne parecchi argomenti. (Da FULCHERIO DI CHARTRES, Historia Iherosolymitana, inRecueil des Hist. des Crois., Occ., III, pp. 323-324).

Poiché, o figli di Dio, gli avete promesso di osservare tra voi la pace e di custodire fedelmente le leggi con maggior decisione di quanto siate soliti, è il caso d'impegnare la forza della vostra onestà (ora che la correzione divina vi ha rinvigoriti) in qualche altro servizio a vantaggio di Dio e vostro. È necessario che vi affrettiate a soccorrere i vostri fratelli orientali, che hanno bisogno del vostro aiuto e lo hanno spesso richiesto. Infatti, come a molti di voi è già stato detto, i Turchi, gente che viene dalla Persia e che ormai ha moltiplicato le guerre occupando le terre cristiane sino ai confini della Romània [1] uccidendo molti e rendendoli schiavi, rovinando le chiese, devastando il regno di Dio, sono giunti fino al Mediterraneo cioè al Braccio di San Giorgio [2]. Se li lasciate agire ancora per un poco, continueranno ad avanzare opprimendo il popolo di Dio. Per la qual cosa insistentemente vi esorto - anzi non sono io a farlo, ma il Signore - affinché voi persuadiate con continui incitamenti, come araldi di Cristo [3], tutti, di qualunque ordine (cavalieri e fanti, ricchi e poveri), affinché accorrano subito in aiuto ai cristiani per spazzare dalle nostre terre quella stirpe malvagia. Lo dico ai presenti e la comando agli assenti, ma è Cristo che lo vuole. Per tutti quelli che partiranno, se incontreranno la morte in viaggio o durante la traversata o in battaglia contro gli infedeli, vi sarà l'immediata remissione dei peccati: ciò io accordo ai partenti per l'autorità che Dio mi concede. Che vergogna sarebbe se gente così turpe, degenere, serva dei demoni, sconfiggesse uomini forniti di fede in Dio e resi fulgidi dal nome di Cristo! E quante accuse il Signore stesso vi muoverà, se non aiutate chi come voi si trova nel nòvero dei cristiani! Si affrettino alla battaglia contro gli infedeli, che avrebbe già dovuto incominciare ed esser portata felicemente a termine, coloro che prima erano soliti combattere illecitamente contro altri cristiani le loro guerre private! Diventino cavalieri di Cristo, quelli che fino a ieri sono stati briganti! Combattano a buon diritto contro i barbari, coloro che prima combattevano contro i fratelli e i consanguinei! Conseguano un premio eterno, coloro che hanno fatto il mercenario per pochi soldi! Quelli che si stancavano danneggiandosi anima e corpo, s'impegnino una buona volta per la salute di entrambi! Poiché quelli che sono qui tristi e poveri, là saranno lieti e ricchi; quelli che sono qui avversari del Signore, là Gli saranno amici. Né indugino a muoversi: ma, passato quest’inverno, affittino i propri beni per procurarsi il necessario al viaggio e si mettano risolutamente in cammino.
[1] Con tale termine si designava abitualmente l'impero bizantino, che anche i musulmani chiamavano, da «Roma», Rūm.
[2] Il Bosforo.
[3] Qui il pontefice si rivolge agli ecclesiastici presenti al concilio.

EVENTI

venerdì 14 settembre 2012

MONTGISARD - IL CAPOLAVORO DI BALDOVINO IV

Prefazione a cura di Andrea Rocchi C.

Indagine Storica non vuole essere una fredda ed impersonale disamina di guerre, strategie e tattiche, lasciando questo compito ai grandi saggisti, piuttosto questa rubrica intende narrare la storia, dandole una veste appassionata ed emozionale, pur attendendosi scrupolosamente alle fonti, nella piena considerazione che la storia è prima di tutto o anche (a seconda dei punti di vista), un racconto di uomini che non può essere sempre esulato da quella componente sentimentale, che spesso ha determinato lo svolgersi degli eventi stessi. In questa ottica rientra "Il Romanzo delle Crociate", una sorta di rubrica interna a "Indagine Storica" che focalizza la virtuale lente di ingrandimento sulle Crociate, un periodo storico lungo e complesso tra il XI e il XII secolo, intriso di significati non solo religiosi, caratterizzato da aspetti spesso leggendari, ma anche da atti di estrema violenza, devastazioni, ingiustizie. In questo contesto, sono intercorse le esistenze di grandi eroi come di personaggi meschini, hanno pulsato i cuori degli avventurieri allo stesso modo di quelli di coloro che combattevano e morivano in nome di un ideale. Al coraggio e all'onore si sono spesso contrapposti viltà e disonore in quel virtuale confronto tra valori positivi e negativi che segna l'intera esistenza umana, passata, presente e futura. "Il Romanzo delle Crociate" è un racconto di uomini ed imprese, un narrato sincero di chi ha fatto delle Crociate una materia di studio e in primis di profonda passione...

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Collina di Montgisard, 25 novembre 1177

(Tell el Jezer tra Ascalona e Ramla - Palestina, oggi Israele)



Baldovino IV, lo sfortunato Re di Gerusalemme all’epoca appena sedicenne, ordina che venga fermata la portantina su cui viaggia, si inginocchia fino a toccare la terra con il giovane viso, già sfigurato dall’orribile malattia, e bagna con le lacrime della sua preghiera la polvere di quel luogo che sta per entrare nella Storia.
La bellezza di quel gesto, compiuto ai piedi della Sacra Reliquia della Vera Croce, moltiplicò il coraggio di una elite di cavalieri, dapprima convinti di andare incontro a morte sicura e poi determinati a compiere l’impresa che li avrebbe fatti entrare nella Leggenda.
Avvertito improvvisamente della minaccia incombente, Il giovane ed illuminato Re, con una coraggiosa ed imprevedibile mossa anticipa il campione dell’Islam, Salah ed Din, entrando nella città di Ascalona, fondamentale per il controllo degli approvvigionamenti dall’Egitto, con appena 500 cavalieri prima che possa essere raggiunta e conquistata dall’imponente armata mussulmana, richiama gli 80 Templari della guarnigione di Gaza, che con una temeraria ed astuta difesa avevano appena dissuaso l’esercito mamelucco dall’attaccare la loro fortezza, e chiede loro di unirsi per fronteggiare la drammatica situazione; solo un miracolo infatti, può condurre alla vittoria i 580 cavalieri cristiani più qualche migliaio di fanti e fermare i 30.000 uomini del Sultano nella loro marcia verso Gerusalemme. Con Lui quel giorno c’è il Gran Maestro dell’Ordine del Tempio, Eudes de Saint Amand, un uomo dalla volontà e dall’eroismo temprati quanto il ferro delle sue armi, il modo in cui scelse di morire fu pari solo al modo in cui scelse di vivere (ma questa è un’altra incredibile storia...), c’è il più feroce di tutti i nemici dell’Islam, Rinaldo di Chatillon, che spinse con la sua fierezza e spavalderia il misericordioso Salah ed Din ad imbracciare la spada e ad ucciderlo con le proprie mani, il leggendario Arn di Gothia, Al Ghouta per gli Arabi, che seppe guadagnarsi stima e rispetto immenso perfino tra le fila dei suoi avversari (ancora oggi a Damasco c’è una strada che porta il suo nome). Ma quel giorno l’Onnipotente attraverso uno dei suoi imperscrutabili disegni, aveva già scelto i suoi campioni ponendo la sua benevola mano sul capo dei Trinitari e scegliendoli come i Vittoriosi, e riservando ai Monoteisti un’umiliante disfatta che ne avrebbe minato la fiducia per molti anni ancora. La leggenda narra che Baldovino IV guidò la carica dei suoi cavalieri di persona portando l'effigie di San Giorgio e la reliquia della Vera Croce. L'incredibile vittoria fu attribuita in larga parte alla Provvidenza Divina; in tal senso il re lebbroso fece erigere sul luogo dello scontro un monastero Benedettino. La carica dei cavalieri crociati disposti con incredibile sapienza dal giovane Re appassionato di scacchi, frantumò la compattezza dell’esercito turco, il resto lo fece il ferro dei Templari che materializzandosi come il peggiore degli incubi da una provvidenziale nebbia nella quale attendevano il nemico, calò come una mannaia sulle teste dell’armata mussulmana e sulla stessa guardia personale mamelucca del Sultano, facendone immensa strage, e copiosa messe di prigionieri. Quella strabiliante ed imprevedibile vittoria avrebbe regalato altri dieci anni di regno cristiano alla città di Gerusalemme, prima che con un altro imperscrutabile disegno, l’Altissimo la riconsegnasse ai fedeli dell’Islam per mano del loro campione l’Ayubbide Salah ed Din, e così sarebbe stato fino allo scellerato e letale accordo tra lo “stupor mundi” Federico II di Svevia ed il Sultano Al Kamil (ma questa è un’altra storia ancora...).

Articolo a cura di Fabio Ponti. Tutti i diritti riservati

LA DISTRUZIONE DEL TEMPIO


Durante la sua permanenza a Poitiers, De Molay ebbe modo di affrontare il problema delle voci gravissime che incombevano sull'Ordine. Voci messe in giro da alcuni dignitari dell'Ordine cacciati: uno tra tutti era Esquin de Floyran priore di Monfalcone. Nell'Anno Domini 1305 si recò dal re Giacomo di Aragona affermando di essere stato nelle prigioni di Beziers insieme ad un altro cavaliere cacciato dall'Ordine che gli raccontò cosa accadeva all'interno del Tempio: si rinnegava Cristo, si sputava sulla Croce e in casi estremi si praticava la sodomia. Il re spagnolo decise di non dare tanto credito alla testimonianza del cavaliere nonostante la presenza del Tempio potesse creare problemi alla stabilità del suo regno, pertanto non intraprese azioni contro i Templari anche perché, non bisogna dimenticare, la Spagna ha una forte tradizione cattolica e la popolazione non avrebbe mai accettato un attacco a chi difendeva Cristo. Giacomo consigliò Esquin di rivolgersi a Filippo di Francia che, di certo, vantava numerosi attacchi alla  chiesa come si è visto nel caso dello Schiaffo di Anagni contro Bonifacio VIII il cui corpo fu addirittura riesumato per subire un processo post-mortem dalle accuse assurde. Nogaret, braccio destro di Filippo e artefice dello “Schiaffo” aveva per le mani la possibilità sia di vendicare suo nonno che, denunciato proprio dai templari come cataro, fu condannato al rogo, sia di ridare lustro alla corona di Francia sopprimendo quello che, all'interno del territorio del Giglio, stava diventando sempre di più uno stato nello stato. Intanto Filippo, meditava come annientare i templari. Filippo era nipote di Luigi IX re santo: estremista ossessionato di Gesù Cristo e talmente ambizioso tanto da definirsi come impersonificazione di Cristo stesso in quanto discendente di un re che aveva avuto gli onori dell'altare iniziava a porsi il problema di come sfruttare questa testimonianza che, benché probabilmente inattendibile in quanto proveniva da un cavaliere espulso dall'ordine, risultava una vera e propria manna dal cielo. Il sovrano è nei guai: i prestiti richiesti, nel 1307 era a corto di denaro: aveva il regno sull'orlo della bancarotta. all'inizio del 300 la crociata non esisteva e i templari diventano vulnerabili con le banche piene di soldi. Quando dopo la svalutazione della moneta del 1306 si rifugi nell'ordine del tempio, vide con i propri occhi una parte dei tesori custoditi: Filippo decide di neutralizzarli, ma sono sotto controllo del Papa. Le dicerie che circolavano furono strumentalizzate da Filippo per volgerle in negativo diffamando l'ordine; sicuramente le voci furono veleno che Filippo seppe usare abilmente a danno
dell'ordine. Il 14 settembre 1307 era tutto quasi pronto: fu ufficializzato l'ordine di arresto dei Templari e il 22 dello stesso mese arrivarono ai procuratori di Francia i decreti che ordinavano l'assedio al tempio per l'alba di venerdì 13 ottobre. Era il venerdì 13 ottobre 1307, un giorno che la storia ricorderà sempre come nefasto. All'alba di quel giorno furono aperti contemporaneamente in tutta la Francia ordini imposti dal re. Sa di grottesco pensare che proprio il giorno prima dell’arresto, Jacques de Molay era presente al funerale di Caterina di Cortenay, moglie di Carlo di Valois e sorella naturale di Filippo IV.Questo per far intendere come apparentemente I Templari non sospettassero di questa azione contro di loro. Tutti i templari che dovettero affrontare i balivi del re non abbozzarono la benché minima reazione sia perché ritenevano le accuse mosse contro di loro assolutamente infondate e false ma anche perché speravano, anzi contavano, sull'intervento del pontefice. Ma purtroppo per Jacques De Molay e gli altri cavalieri, il papa aveva venduto “l'anima al diavolo” non facendo nulla che potesse portare ad una crisi politica irreversibile. La cattura era stata preparata da Guglielmo d'Imbert, grande inquisitore di Francia che aveva il dovere di presiedere gli interrogatori. A Parigi, è conservato uno degli ordini di arresto. Filippo attacca la segretezza delle iniziazioni templari, vengono accusati di corruzione, sodomia, idolatria, adorazione di un gatto, più l'eresia, l'accusa devastante: il tempio era stato fondato per la difesa della fede e, evidentemente, l'accusa era terribile. Molti templari furono arrestati, qualcuno forse avvisato preventivamente riuscì a fuggire, il gran maestro finì nelle mani di Filippo. Clemente intanto si irritò molto con il re: non aveva nessun diritto sui templari “Voi nostro caro figliolo avete in nostra assenza, violato ogni regola e steso le mani sulle proprietà dei templari. Li avete imprigionati e non avete usato con loro la dovuta clemenza. E avete aggiunto all'onta della prigionia anche l'afflizione. La vostra azione affrettata è un atto di disprezzo verso di noi e verso la chiesa di Roma.” Ma oramai era tardi: anche il debole pontefice doveva stare attendo ad ogni sua mossa. Era un fantoccio nelle mani di un re. Proclamò il 22 novembre del 1307 la Pastoralis Praeminentiae con la quale da un lato ordina che l'arresto dei Templari sia portato a termine anche nei paesi cristiani che si erano rifiutati di seguire l'esempio di Filippo; dall'altro spoglia la corona francese di ogni potestà e competenza sul processo al Tempio, reclamandone - a diritto - l'intera gestione. La ragione dell'ordine di arresto emesso dal papa è facilmente comprensibile: Clemente crede, o almeno è propenso a credere, nell'innocenza dei fratelli templari (pare addirittura che in questa fase abbia inviato delle lettere ai dignitari per confortarli nella prigionia e per esortarli a confidare nella giustizia) ma se ne ordinasse la liberazione sarebbe vittima di continui attacchi da parte di Filippo IV. Ma Le sole accuse di Filippo non erano sufficienti. due settimane dopo Jacques De Molay ammette l'eresia infangando l'immagine del tempio. Il tempio di Parigi era costruzione in cui era custodita la loro moneta. Al re il denaro sembra più vicino ora che è riuscito a rinchiudere cinque capi del Tempio a Chinon e una accusa di eresia confessata. Ma cosa spinge il cavaliere a confessare crimini che, probabilmente, non ha mai neanche pensato di commettere? Venne usata l'inquisizione e la tortura ad esempio tramite la Cremagliera: era un modo semplice e popolare per estorcere confessioni. La vittima veniva legata su una tavola, caviglie e polsi. Rulli erano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni. La ruota è usata per giovani ed anziani e poi vi era la strappata: l'imputato veniva appeso per i polsi issato e poi rilasciato di colpo. Ad a un prete vennero immersi i piedi nel grasso e furono arrostiti sul fuoco mostrandone le ossa. Filippo usò la tortura perché era una pratica comune durante i processi dell'epoca: torturava per estorcere la sua di verità. Le testimonianze dovevano essere sottoscritte: chi confessava aveva libertà e il perdono, chi negava veniva condannato a morte anche se spesso molti cavalieri morirono portando con se la propria verità. Le ricerche fatte nel corso degli anni, ci hanno dimostrato che le accuse erano assolutamente infondate, basti pensare che durante le crociate, i cavalieri che venivano arrestati si rifiutavano di rinnegare Cristo proprio per salvarsi. Solo pochi anni prima, nel 1291 durante la battaglia di Acri, circa cinquecento cavalieri templari salvarono la vita ad altri crociati così come su tutti i campi di battaglia di ogni guerra dopo la conquista di Gerusalemme del 15 luglio 1099. Anche l'accusa di sodomia era assurda, tanto che Nogaret stesso non riuscì a trovare il minimo straccio di prova ma sfruttò la leggendaria segretezza dei riti di iniziazione per inventare di sana pianta un castello di accuse che si reggeva su fondamenta pressoché nulle. Filippo non agisce da solo, dato che i templari erano sotto la protezione del papa che è l'unico uomo che può salvarli. Clemente è un fantoccio soggetto ai capricci del re, lo stesso sovrano distrusse Bonifacio VIII e Filippo non perde occasione per ribadire il proprio potere sul papa. Furono scritti libelli di denuncia contro il papa diffamandolo sotto tutti i punti di vista, insinuando che avesse una relazione con una dama moglie di un nobile francese. clemente diventa complice e per la prima volta il papato viene spostato dal vaticano, in Avignone in Francia. Con l'intento di rafforzare la sua posizione, emanò il 12 agosto del 1308 la Faciens Misericordiam incaricava gli ordinari delle inchieste nelle rispettive giurisdizioni contro le singole persone, in base ai singoli articoli uniti alla bolla; fissava metodi; ordinava di arrestare i frati e di iniziare gli interrogatori, con l’ausilio di una apposita commissione papale che destituiva ogni tribunale civile. A questa fase dovevano seguire i Concili provinciali, per decidere della innocenza o colpevolezza degli accusati. L'intervento del pontefice aveva rasserenato i Templari, ma l'illusione durò ben poco: non solo il tribunale era a Parigi e la temibile polizia del re Filippo aveva ricevuto l'ordine di individuare tutti coloro che avessero testimoniato in favore dei templari ma, cosa ben più grave, l'intera commissione di inchiesta era composta da Vescovi voluti dallo stesso Re che ordinò a Nogaret di presiedere agli interrogatori. I locali inquisitori dovevano partecipare ai processi ed ai Concili. Le informazioni, raccolte in pubbliche scritture, andavano subito trasmesse alla Santa Sede. Infine si doveva agire con la massima sollecitudine ed energia contro i testi reticenti, ed i fautori dei Templari. Tutte le testimonianze venivano registrate: il primo ad essere portato al cospetto di questo simil- tribunale era proprio il Gran Maestro De Molay che, data la sua non eccelsa istruzione, non poteva di certo reggere il confronto con Vescovi non solo
corrotti ma anche estremamente preparati. E, a Chinon, De Molay confessò dicendo:
«Mi giunse di rinnegare davanti a tutti il cristo raffigurato sulla croce, con controvoglia lo feci, una volta solamente, me ne rammento bene»
Nel 1310 il processo al Tempio entrò nella seconda fase e tutti i templari di Francia confluirono nella capitale con l'obbiettivo di difendere i cavalieri del Tempio e i principi che lo avevano portato all'apice della storia. Ma non tutti vi parteciparono: alcuni non avevano il coraggio, altri non avevano le forze e molti di loro erano morti delle terribili carceri. Si deve ricordare che per legge chi ritrattava finiva sul rogo quindi il rischio era molto alto. Tutti i templari furono radunati insieme e ascoltarono in silenzio, la lunga lista di capi d'accusa, uno più falso dell'altro. Il curatore dei Templari era Pietro da Bologna che redasse uno scritto in cui affermava la difficoltà per i cavalieri templari di essere privati dei sacramenti, dei propri abiti. Ad Aprile fu presentato uno scritto al tribunale "Gli articoli del questionario della Bolla pontificia sono privi di senso, infami, disonorevoli, inauditi. Si tratta di menzogne, enormi menzogne, menzogne assurde, pronunciate dai nemici dell’Ordine e da calunniatori, in base a delle maldicenze. L’Ordine Templare è puro, senza macchia, e tale è sempre stato, checché se ne dica. Coloro che affermano il contrario parlano da miscredenti e da eretici, seminano nella fede l’eresia e la zizzania. Siamo qui pronti a difendere l’Ordine con tutto il cuore, con parole ed opere, nella maniera migliore possibile. Domandiamo però di poter disporre liberamente di noi stessi, e di essere presenti al Concilio. Coloro che non vi possono prendere parte devono avere la possibilità di farsi rappresentare. In breve, chiediamo di essere liberati dalle carceri in cui ci detengono. Tutti i confratelli che hanno confessato, del tutto o in parte menzogne simili, non dicono il vero. Hanno confessato nel timore di essere uccisi. Alcuni hanno confessato sotto tortura, altri per aver visto a quali supplizi venivano sottoposti i loro confratelli. Di conseguenza hanno verbalizzato ciò che volevano i loro persecutori. Non li si può biasimare, giacché i supplizi a cui alcuni sono stati sottoposti hanno suscitato il terrore in molti. Hanno visto che era possibile scampare alle sofferenze ed alla morte mentendo. Altri forse sono stati corrotti col danaro, o sedotti da promesse e lusinghe, o piegati da minacce. Tutto questo è noto e non si può far finta di ignorarlo, od occultarlo. Imploriamo la misericordia Divina, che ci faccia giustizia, giacché troppo a lungo abbiamo patito una persecuzione ingiusta. Da Cristiani pii e fedeli, chiediamo di ricevere i sacramenti della Chiesa". In concomitanza con la Faciens Misericordiam fu indetto il Concilio di Vienne in cui si parkò della soppressione dei Templari, assoluzione di re Filippo per le azioni contro papa Bonifacio VIII, indizione di una crociata che non fu poi portata a termine. Dopo una concitata seduta tra le due correnti che vedevano o il processo oppure la soppressione per via amministrativa (senza condanna). I 4/5 votano per la seconda opzione. È la vittoria per Filippo il Bello e la fine dei Templari. Nella sessione solenne del 3 aprile 1312 viene letta la bolla Vox In Excelso. In essa il papa, dopo aver fatto la storia dell’Ordine, delle accuse, dei processi, del lavoro della commissione, ammette che dalle risultanze non si può procedere giuridicamente, ma a causa dei sospetti l’Ordine viene soppresso per via amministrativa. La bolla altro non era che un ricatto ben riuscito di Filippo: o Clemente accettava la distruzione dell'intero ordine templare o avrebbe creato una chiesa scismatica autonoma e separata dalla chiesa di Roma: il papa non poteva sopportare uno scisma interno al mondo cristiano pertanto decise
di cedere alle pressioni francesi e di tutta risposta proclamò la Ad Providam del 2 maggio del 1312 in cui si parlava delle proprietà dell’Ordine del Tempio, le quali venivano trasferite all’Ordine degli Ospitalieri (con l’eccezione di Spagna e Portogallo, dove, dalle ceneri dell' Ordine del Tempio, nacque L’ordine di Montesa l’Ordine di Cristo) e la Considerantes Dudum del 6 maggio che segna le sorti dei singoli Templari: coloro che sono stati giudicati innocenti o che si sono riconciliati davanti alle commissioni diocesane riceveranno una rendita per la propria sussistenza commisurata al rango avuto nell'Ordine, ma i relapsi saranno giudicati con il massimo rigore dalla legge canonica. La verità non verrà svelata. Ma la storica viterbese Barbara Frale, Ufficiale dell'Archivio Segreto del Vaticano, scopre la "Pergamena di Chinon" rimasta segreta per ben 700 anni.La pergamena è l'atto originale di una inchiesta tenuta da una commissione di cardinali sul Gran Maestro e altri dignitari. Al tempo di clemente v tutti i documenti erano stati raccolti in un fondo unico ma con il tempo e dopo Napoleone che deportò l'archivio dei papi a Parigi, i documenti di dispersero. La pergamena assolve i templari, allude ad un pentimento portando di conseguenza alla luce comportamenti immorali. Tre cardinali di Clemente V, intanto, si recano a Chinon, non ritrattarono anzi, rafforzarono le dichiarazioni. Riti di iniziazione segreti a Troyes. Allora furono redatte le regole: la cerimonia di iniziazione non fu divulgata, era una procedura interna, secondo il regolamento all'iniziato veniva chiesto se voleva essere servo e schiavo, se frequentava donne veniva bloccato con catene, veniva recitato salmo durante posa del mantello. Le confessioni squarciano velo di segretezza e ciò che viene rivelato è sconvolgente. Durante i riti rinnegano cristo: Goffredo Di Charnay spiega come un cavaliere abbia mostrato crocifisso con l'obbligo di ripudiarlo, rinnegarlo e disonorarlo con sputi. Jacques De Molay ripete la confessione: i cavalieri gli ordinarono di rinnegarono quel Dio e di sputare sul crocifisso. Ugo di Perrod forni dettagli su eresia e sodomia. ai novizi era chiesto di rinnegare cristo e obbligato a baciare il superiore sul
fondo schiena, ombelico e bocca continuando ad affermare che il ripudio non era voluto. I baci servivano ad assegnare il rango; il bacio era parte del riturale con l'intento di umiliare il nuovo templare che doveva essere sottomesso. Agli occhi l'omosessualità era un abominio: impone di astenersi dai rapporti con donne. avevano un rituale di ingresso rito di obbedienza che aveva una forma sconveniente ed indecente per un ordine religioso. le confessioni rivelano eresie, atti omosessuali, ripudio di Cristo, profanazione della Croce, defecazione sulla Croce, mostrare terga alla Croce insieme ad altre circa 127 accuse tra cui quella di connivenza con i musulmani. Forse quest'ultima accusa è l'unica ad avere delle prove tangibili: sembra che i templari ospitassero ad Al-Aqsa Usama ibn Munqidh che nella sua autobiografia ricorda che I suoi amici templari lo avevano invitato a pregare Allah all'interno della propria chiesa e ciò si scontra con l'immagine che vorrebbe I templari come campioni della lotta contro l'Islam. La prima confessione fu estorta sotto tortura. Nelle inchieste del Papa non furono torturati ma affrontarono una situazione difficile, i cavalieri si auto condannano davanti ai rappresentanti della Chiesa ma l loro speranza ultima era l'assoluzione del papa perché la accusa di eresia era gravissima l' assoluzione era obbligatoria. C'era la tendenza a credere che la chiesa avesse condannato i templari se il papa avesse avuto un sospetto, non avrebbe ami concesso la comunioni. Gli atti eretici erano da intendersi comeprove di resistenza per prepararsi alle difficoltà in Terra santa: una messinscena, obbedienza per fare la guerra in Terra santa servivano uomini forti, coraggiosi ed obbedienti. Sui muri ci furono strani graffiti: tra le forme è inciso simbolo di venere (dea pagana dell'amore), un fiore che sbuca da un cuore (Afrodite). Parte del processo si basa sulla venerazione, vera o presunta, di una testa mozzata: Bafometto. Ma chi era Bafometto? Franco Cardini in La Tradizione Templare ci mostra gli inizi di questa misteriosa figura: 
"Un nobile di Sidone amava in segreto una donna armena, ma non aveva mai
palesato la sua passione. Quando essa però venne a morire lo sciagurato ne
violò la sepoltura e la possedette. Dopo l'atto peccaminoso, egli udì una voce
che gli intimava di tornare quando fosse stato maturo il tempo del parto;
violata di nuovo la tomba nove mesi dopo, trovò in grembo della donna morta
una testa, e la solita voce lo ammonì che, se l'avesse conservata con cura, da
essa gli sarebbe giunto ogni bene. Il notaio Antonio, aggiungeva di aver udito
la storia al tempo nel quale era precettore dei Templari di Sidone il piccardo
Matteo, ch'era divenuto fratello di sangue del sultano del Cairo in seguito a
una cerimonia di reciproca suzione di sangue. La testa sarebbe stata custodita
da alcuni cavalieri, segretamente convertiti all'islam e che adoravano
chiamandolo Maometto."

Secondo una voce, la reliquia trovata era la testa di Giovanni Battista, ma ciò non li avrebbe salvati dall'accusa di eresia. Negli anni '80 Hugh J. Schonfield, il più importante studioso dei Rotoli del Mar Morto che si dice rivelino il vero Tesoro del Tempio di Salomone, descrive nel suo libro "The Essene Odissey", Schonfield un cifrario crittografico a sostituzione chiamato codice Atbash. Antica tecnica ebraica dal 500 a.c. se si applica a Baphomet esce SOPHIA parola greca che indica sapienza; adorare al sapienza non è reato a meno che la stessa non sia eretica. Sophia è nome di una dea adorata da una primitiva setta cristiana, gli gnostici, ed era ritenuta una figura più grande di Gesù, e per questo la fede gnostica era eretica e i suoi vangeli banditi dalla chiesa. Alcuni sostengono che Sofia scese nel corpo di Maria Maddalena che divenne il veicolo per conservare il Sangue Reale ossia la discendenza di Cristo. Nel loro statuto i Templari sono consacrati a Maria. Ma Chi è Maria? La Madre di Dio o Santa Maria Maddalena? Se i Templari adorano Maria Maddalena al pari di Gesù, questa è la peggiore eresia. La commissione incaricata a giudicare le testimonianze provo a fare luce sul misterioso idolo. L'unica testa che fu trovata durante gli arresti e le perquisizione era quella di una donna: un po' poco per sostenere una accusa di idolatria tanto che essa sarebbe stata decisiva alla condanna del Tempio. Probabilmente l'idolo venerato era il Cristo impresso sulla Sacra Sindone, tesi sostenuta da Barbara Frale nella sua opera I Templari e la Sindone. Il Sacro telo fu portato in Europa prima in Inghilterra e poi in Francia. Per un attimo il processo iniziava ad andare verso i templari: mancavano prove tangibili, troppi dubbi e pochissimi fatti, purtroppo poi morì un vescovo della commissione e fu sostituito da De Marigny che non aveva la preparazione necessaria ad affrontare il processo ma, guarda caso, fu voluto dal re Filippo. Appena insediato, condannò cinquantaquattro cavalieri templari per aver ritrattato le confessioni: un reato estremamente grave in quanto voleva dire ricadere nei propri errori dopo aver abiurato e molti di loro furono condannati proprio per questo. Il protettore dei templari Pietro da Bologna, fuggì da Parigi: capì che ormai il complotto era fatto e la distruzione dell'Ordine ormai era questione davvero di poco. A Vienne si presentarono solamente sette cavalieri e accusavano senza paura il Re di essere avaro. Il papa li fece incarcerare e nonostante decise di ricevere privatamente ognuno dei commissari, probabilmente per farli cedere, non riuscì a “commissariare” l'ordine. Il 13 aprile del 1312 Clemente V rese pubblica la bolla Vox in Excelso "In considerazione della cattiva reputazione che grava sui Templari, del sospetto e delle accuse che sussistono a loro carico; in considerazione della cerimonia segreta di ammissione in quest’Ordine, della condotta perversa e irreligiosa di molti suoi membri; in considerazione del giuramento di non rivelare nulla a proposito della cerimonia d’ammissione, e di non uscire dall’Ordine; in considerazione dello scandalo, ormai non più sanabile; in considerazione dell’eresia a cui sono esposte la Fede e le anime, dei terribili misfatti commessi da un gran numero di membri dell’Ordine; in considerazione del fatto che Santa Romana Chiesa soppresse in passato, per motivi ben più lievi altri celebrati Ordini, Noi, non contravvenendo alle regole della Cavalleria e non senza intima sofferenza, non in virtù d’una sentenza giudiziaria ma ex autoritate apostolica, sopprimiamo l’Ordine suddetto con tutte le sue istituzioni". Sulla bolla Vox in Excelso sono stati usati fiumi di inchiostro: è il caso di fare chiarezza. Un errore diffuso di traduzione (non per modum definitivae sententiae tradotto come non con sentenza definitiva) dà l'impressione che il papa volesse solamente sospendere l'Ordine: ma non è così. Il papa affermò che l'Ordine fu abolito solamente per il comportamento di alcuni membri dell'Ordine non dell'Ordine nella sua complessità in quanto le prove raccolta da chi aveva tutto l'interesse a cancellare i Templari dalla Storia, non erano sufficienti. E ciò è confermato nella bolla successiva, Ad Providam Christi Vicarii del 2 maggio del 1312:
"Con il consenso del santo concilio, abbiamo recentemente soppresso, non
senza amarezza e dolore del nostro cuore, l'Ordine della Casa della Milizia del
Tempio di Gerusalemme, a causa del suo maestro, dei frati e di altre persone
di detto ordine, che, in ogni parte del mondo, si sono macchiati di numerosi e
diversi errori e peccati...Ciò non è avvenuto mediante sentenza giudiziaria,
perché non possiamo giuridicamente pronunciarla in base alle indagini ed ai
processi condotti nei loro confronti, ma mediante un provvedimento od
ordinanza apostolica, con valore assoluto e perpetuo...".
Appare chiaro quindi che Clemente approvò questo provvedimento definitivo e quindi vien da se che ogni investitura successiva alla bolla era da ritenersi assolutamente illegale. Ma un ultimo colpo di scena infierisce delusione a Filippo. Clemente V sapeva perfettamente che ciò che faceva andava contro ogni logica, solo la paura di una chiesa scismatica francese lo aveva convinto a perseguire l'ordine ma invece di sopprimere l'ordine consegnando ogni bene alla Francia, li dirottò verso altri ordini con la già citata Ad Providam. Ma il tesoro dei templari era il premio che Filippo voleva e bramava, sennonché quando i suoi scagnozzi. entrarono nei vari possedimenti templari non trovarono nulla, probabilmente qualcuno poco prima dell'arresto ha portato via tutto il tesoro. Possiamo dire quindi che l'Ordine fu abolito per una lotta di potere. il suo patrimonio era il premio. Nonostante l'assoluzione, che verrà scoperta sono nel 2001, Clemente elimina l'ordine. Il Gran Maestro Jacques De Molay trascorse 6 anni in carcere ma, prima che possa ripetere la confessione, la ritratta rinfacciando al papa l'assoluzione. I Templari erano stati sciolti dalla medesima istituzione che li aveva finanziati, favoriti e rispettati. De Molay si ribellò, ritrattò le sue confessioni, fu preso dalla cella con l'ordine di giustiziarlo. Fu davanti a Notre Dame a Parigi che Filippo IV il Bello, nella volontà di distruggere l’Ordine dei Templari, fece bruciare al rogo il grande maestro dell’Ordine Jacques de Molay e i 37 cavalieri accusati di eresia. Era il 18 marzo del 1314 data ancora impressa su una lapide nella piazza. Quando il grande Maestro vide il rogo chiese ai suoi giustizieri di essere rivolto verso la cattedrale:
«Vi prego di lasciarmi unire le mani per un’ultima preghiera. Morirò presto e
Dio sa che e’ ingiusto. Ma io vi dico che la disgrazia cadrà su coloro che ci
condannano ingiustamente.»
E poi rivolgendosi al papa Clemente V e al re Filippo il Bello aggiunse
«Vi affido entrambi al tribunale di Dio, tu Clemente nei prossimi 40 giorni e
tu Filippo prima della fine dell’anno».
La predizione di Jacques de Molay si realizzò poiché il papa Clemente V morì un mese dopo e il re Filippo il Bello fu vittima, nello stesso anno, di un incidente di caccia a Fontainebleau. La maledizione sembra essersi protratta nel corso dei secoli come una vendetta implacabile fino alla tredicesima generazione che guarda caso, coincide con la decapitazione di Luigi XVI il cui boia disse "De Molay è vendicato"proprio a dimostrazione del fatto di come la stessa Rivoluzione Francese abbia una matrice non solo esoterico - massonica ma anche templare! Papa Clemente in effetti morì un mese dopo di dissenteria e Filippo il Bello fu stroncato nel dicembre successivo dalle conseguenze di una caduta da cavallo, un incidente di caccia. I templari vengono eliminati, e la banca di Parigi fu occupata ma era vuota, il patrimonio dei templari non viene trovato. Filippo IV ha distrutti i templari per nulla, il tesoro era scomparso e le sue casse, dissanguate dalle continue guerre con l'Inghilterra, rimasero vuote. La leggendaria flotta di La Rochelle era scomparsa misteriosamente, nessuno sia mai riuscito a capire quante barche ci fossero ma se ne persero traccia. per i templari il posto migliore era Scozia dove ottennero protezione di Robert Bruce. Con la fine dei templari finisce la storia ed inizia la leggenda del Tempio probabilmente a causa di questo processo farsa, basato su accuse estorte con la tortura.

L'ATTACCO AL TEMPIO


Lo schiaffo di Anagni aveva colpito l'Europa intera, Dante compreso che paragona l'attacco francese ad una nuova crocifissione di Cristo. La sede vacante continuava da due anni; nel giugno dell'anno 1305 dieci cardinali, sui quindici che presidiavano il conclave scelsero come successore del controverso Bonifacio, Clemente V, al secolo Bertrand de Got che ben sapeva che era stato scelto non per qualche qualità
intrinseca nella sua figura, ma solo perché era un uomo voluto da entrambe le correnti politiche interne al collegio cardinalizio. Clemente V trovò l'approvazione di Filippo IV e Edoardo I ma poca considerazione in Italia dove si vedeva, e non a torno, il nuovo papa come un burattino nelle mani di un re avaro. Tra
l'altro Clemente rimase sempre in Francia (dando inizio alla Cattività di Avignone) e non si avvicinò mai a Roma questo perché sembra, secondo alcuni studiosi, che Filippo avesse posto delle condizioni alla sua elezione quale Vicario di Cristo: riconciliazione con i colonna e con tutti quelli che avevano preso parte a qualsiasi titolo nell'attacco a Bonifacio VIII, una damnatio memoriae a Bonifacio VIII, nomina di cardinali vicini al re e una ultima clausola importante che probabilmente, si individua nella soppressione dell'ordine dei templari con la successiva avocazione alla Francia di ogni ricchezza. Clemente V fece ciò che il re aveva imposto: revocò la Clericis laicos e la Unam Sanctam e riconcesse gli onori cardinalizi ai due colonna.
In questo periodo iniziano le prime voci che inquinavano irrimediabilmente l'Ordine del tempio ma, almeno in questo primo momento, Clemente non da la necessaria importanza. Come se non bastasse, i mongoli conquistano Ruad proclamandola di fede islamica unitamente alla Cilicia armena. Il 14 novembre Clemente viene incoronato a Lione e due giorni dopo indice una nuova crociata che doveva essere guidata da Filippo il Bello che nel frattempo era in lotta con Edoardo I. In questo senso Clemente decise di donare al Re di Francia, le cui casse erano vuote, una parte delle decime delle entrate della Chiesa di Francia per la crociata e per il re cinque o addirittura sei volte. Data la debolezza del regno bizantino, e la voglia di dominio di Filippo, decise di accontentare il papa con l'obiettivo di riservare al fratello Carlo di Valois l'impero orientale. Filippo insisteva nella fusione degli ordini militari, forse anche per evitare che il suo potere passasse in secondo piano: in questo senso Pierre Dubois, forte sostenitore della corona, scrive il De Recuperatione Terrae Sanctae, in cui si incitava alla crociata con l'obiettivo di stabilire l'egemonia francese sia in Oriente sia in Occidente con l'obiettivo vero e proprio di «distruggere completamente l'ordine dei Templari e annientarlo totalmente». Pur consapevole dei vantaggi che si potevano trarre da una eventuale fusione degli ordini, Jacques De Molay era avverso alla proposta che risale al Concilio di Lione del 1274 e che già Bonifacio VIII respinse caldamente. Era contrario anche perché le nature degli ordini erano differenti ma con un medesimo scopo: se gli Ospedalieri si limitavano a prestare opere di carità, il Tempio era stato fondato per essere una forza militare. In realtà Jacques De Molay era terrorizzato da una eventuale fusione dei due Ordini odiava la fazione ghibellina degli Ospitalieri e sapeva bene che era il Papa che puntava alle ricchezze del Tempio con la fusione e non Filippo il Bello. I due Gran Maestri furono convocati al cospetto del pontefice: De Molay chiese l'intervento del visitatore di Francia Perraud che tuttavia non si presentò e De Molay spedì due proposte al papa: nel primo documento chiedeva che l'impresa fosse sostenuta con una flotta di 15000 cavalieri e 5000 fanti che dovevano essere accolti sulle navi delle Repubbliche Marinare per essere portati in Palestina. Villaret e De Molay furono convocati come rispettivi Gran Maestri degli Ospedalieri e dei Templari per trovare un punto di incontro. L'incontro fu programmato per il primo novembre 1306 ma problemi gravi di salute del papa posticiparono il tutto. De Molay torna in Europa da Cipro tra la fine del 1306 e gli inizi del 1307, Villaret invece, raggiunse Poitier solamente ad agosto. 

VERO E FALSO SUI TEMPLARI


Quanti non sono stati rigenerati dall'acqua e dallo Spirito Santo, se è Tuo volere, illumina e converti, affinché possano giungere alla Tua santa legge, e ricevere i sacramenti della Santa Chiesa, e la Tua santa fede mantenere. Così il 1 aprile 1310, nel culmine di un processo che li aveva trascinati nell'infamia con l'accusa di eresia, blasfemia, riti immondi e stregoneria, i Templari raccolti a Parigi dinanzi ai vescovi inquirenti pregavano perché Dio convertisse i musulmani.

Eppure l'ordine della Milizia del Tempio, il più potente fra quelli con la doppia missione di combattere e pregare, era stato fondato dopo la Prima Crociata proprio per fare la guerra contro i saraceni. Non era però un odio viscerale e preconcetto quello che metteva i Templari contro l'Islam, e la professione religiosa non rappresentava in se stessa ragione di scontro: fedeli ai precetti di san Bernardo di Chiaravalle, che scrisse per loro la Regola approvata dal papa a Troyes in un concilio del 1129, i Templari obbedivano al principio della "guerra giusta" come teorizzato da sant'Agostino. Guerra difensiva, non di conquista. L'islam che attacca e brucia, che perseguita e cancella la presenza cristiana, quello è nemico, incarnazione del Male: allora il Templare diventa un avversario radicale, ai limiti del fanatismo, senza compromessi. In tempo di pace, c'è spazio per un'amicizia rimasta famosa fra i Templari di Gerusalemme e l'emiro di Shaizar Usama ibn Munqid, al quale avevano addirittura riservato un angolo discreto dove pregare Allah nella moschea di Al-Aqsa, luogo sacro al mondo islamico che i Templari avevano racchiuso in un oratorio. E c'è spazio per l'incredibile devozione islamica alla Madonna, quella venerata nel santuario di Saydnaya, presso Damasco, dove molti musulmani accorrevano nel secolo XIII per partecipare alle speciali liturgie mariane del 15 agosto (festa della Dormizione) e dell'8 settembre (festa della Natività). Se al lettore può sembrare assurdo, ragioni su questo fatto: la Vergine Maria, implorata, non guardava alla religione dei suoi devoti ma alla loro fede; infatti guarì l'emiro di Damasco che aveva perduto la vista in un occhio. Queste e molte altre questioni interessanti e poco note sono presentate da Simonetta Cerrini in un libro fresco di stampa, «L'Apocalisse dei Templari. Missione e destino dell'ordine cavalleresco più misterioso del medioevo». Veterana degli studi scientifici sui Templari, studiosa della Sorbona e autrice di un'edizione critica della Regola che è punto di riferimento per gli storici, la Cerrini indaga anche gli aspetti escatologici ed esoterici della cultura templare: come la simbologia espressa nell'affresco della chiesa di San Bevignate a Perugia, e i suoi rimandi all'Apocalisse, o la formula magico-religiosa dalle parole ancora non decifrate che si trova in un manoscritto templare conservato in Parigi, o le Reliquie della Passione di Cristo che i Templari custodivano gelosamente, segno della loro elezione in campo spirituale. Se il diabolico Bafometto con tanto di corna e zampe caprine è un'invenzione degli occultisti di età napoleonica, se la Maddalena dei veri Templari è solo una poco romanzesca meretrice pentita, rimangono però ancora molte verità da chiarire nella storia di questo enigmatico ordine medievale che tanto affascina l'immaginario contemporaneo. Il compito di indagarle spetta alla ricerca di valore, quella condotta da specialisti capaci di affrontare le fonti più ostiche penetrandone contenuti e significati, e poi renderle patrimonio collettivo con un libro come questo: impeccabile, scientifico, ma alla portata di tutti.

Articolo di Barbara Frale, ufficiale dell'Archivio Segreto Vaticano

GLI ATTI DEL PROCESSO AI TEMPLARI


ATTI  DEL  PROCESSO

Prima parte - La commissione apostolica

"Nel 1309, sotto il pontificato di Clemente V, servo dei servi di Dio, in ordine a quello che ci è stato detto e che è giunto alle nostre orecchie, ossia il comportamento della Milizia del Tempio di Gerusalemme, che appare agire contro quelli che erano stati i suoi compiti per i quali esso era stato ammesso ed aveva agito all'ordine di Santa Romana Chiesa, noi, Clemente V, servo dei servi di Dio, per divina provvidenza nell'anno quarto del suo pontificato, e per richiesta del carissimo figlio Filippo Re dei Francesi, diciamo che è nostra volontà esperire una indagine inquisitoria su detti fatti che sono avvenuti nei territori sotto la nostra giurisdizione e sotto quella del carissimo figlio Filippo Re dei Francesi. A tale scopo noi, Clemente V, servo dei servi di Dio, nell'anno quarto del nostro pontificato, nominiamo la presente commissione apostolica per dirimere questa questione i venerabili, irreprensibili e buoni padri:
In nome e per grazia di Dio: Guglielmo Nogaret, Ispettore Superiore di Santa Romana Chiesa; Guglielmo Imbert, Ispettore di Santa Romana Chiesa, l'Arcivescovo di Narbonne, e vescovo di Bajon, di Mimati e di Lemovici;Matteo di Napoli, notabile della sede apostolica e maggiore dei Rothomagesi; Giovanni della Mantova Tridentina; Giovanni arcidiacono di Monte Lauro; maestro Guglielmo Agarni, preposto ecclesiastico alla chiesa aquense e prevosto di Aquitania.
Suddetti padri dovranno appurare la verità dei fatti ascritti alla Milizia del Tempio ed emettere alla fine le conclusioni che saranno oggetto delle nostre decisioni in merito.
Firmato Clemente V, servo dei servi di Dio, datato in Avignone il nove di maggio, anno quarto del nostro pontificato." 

Seconda parte - Le accuse all'Ordine

"Noi, Clemente V, servo dei servi di Dio, nell'anno quarto del nostro pontificato, prendiamo atto delle accuse alla Milizia del Tempio, che la reverenda commissione esamini e appuri la verità di tali accuse che elenchiamo qui di seguito:
- hanno istigato e ordinato ad ogni postulante, al momento dell'accoglienza nella loro Casa, di rinnegare Cristo, il Crocifisso, qualche volta Gesù e qualche volta Dio, qualche volta la Santa Vergine e qualche volta tutti i santi di Dio;
- item, viene riferito che tutti i fratelli ascritti lo hanno fatto
- item, viene riferito che la maggior parte dei fratelli ascritti lo hanno fatto
- item, viene riferito che lo hanno fatto anche dopo l'accoglienza
- item, che i fratelli cappellani hanno detto ai postulanti che Cristo o qualche volta Gesù o qualche volta Cristo crocifisso non è il vero e unico Dio
- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno detto ai postulanti che egli era un falso profeta
- item, viene riferito che egli non aveva sofferto e non era stato crocifisso per la redenzione degli uomini ma per i suoi peccati
- item, viene riferito che non i cappellani e nemmeno i postulanti potevano ottenere la salvezza per mezzo di Gesù, oppure una cosa simile ed equivalente a coloro che erano postulanti
- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno ordinato ai postulanti di sputare su una croce o su una figura o su una scultura e comunque su una immagine di Cristo o qualche volta Gesù
- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno ordinato ai postulanti di calpestare il crocifisso
- item, viene riferito che qualche volta è stato urinato sulla croce e qualche volta lo hanno fatto di venerdì santo
- Item, viene riferito che alcuni dei fratelli si sono riuniti durante la settimana santa per urinare sulla croce
- item, viene riferito che i fratelli adoravano un certo gatto che era solito comparire a loro mentre erano riuniti
- item, viene riferito che hanno fatto questo in dispregio di Cristo e della fede ortodossa
- item, viene riferito che i fratelli non credono nel sacramento che si svolge sull'altare
- item, viene riferito che alcuni dei fratelli non credono
- item, viene riferito che la maggior parte dei fratelli non credono
- item, viene riferito che non credono nei sacramenti della chiesa
- item, viene riferito che i cappellani dell'Ordine nel consacrare il corpo di Cristo non hanno pronunciato le parole del canone della messa prevista
- item, viene riferito che alcuni fratelli cappellani non le hanno dette
- item, viene riferito che la maggior parte dei fratelli non le hanno dette
- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno ordinato di farlo
- item, viene riferito che essi hanno creduto che il Gran Maestro potesse assolverli dal peccato
- item, viene riferito che i semplici visitatori potessero assolverli
- item, viene riferito che anche i precettori laici potessero farlo
- item, viene riferito che lo hanno fatto
- item, viene riferito che la maggior parte di loro lo hanno fatto
- item, viene riferito che il Gran Maestro dell'Ordine, alla presenza di persone importanti, abbia ammesso ciò durante il suo arresto
- item, viene riferito che durante la cerimonia di accoglienza nella loro Casa, alcuni di essi siano stati baciati sulla bocca, sulle natiche, sul fondoschiena e qualche volta sullo stomaco nudo dai fratelli cappellani e dagli altri fratelli
- item, viene riferito che qualche volta erano baciati sull'ombelico
- item, viene riferito che qualche volta erano baciati sull'ano
- item, viene riferito che qualche volta erano baciati sul pene
- item, viene riferito che i fratelli cappellani oppure i secolari ingiungessero ai postulanti di giurare di non lasciare l'Ordine
- item, viene riferito che qualche volta erano nominati fratelli professi immantinente
- item, viene riferito che qualche volta le accoglienze nella loro Casa erano effettuate in segreto
- item, viene riferito che alle accoglienze nella loro Casa potevano partecipare solo i fratelli dell'Ordine
- item, viene riferito che a causa di questo esistono molti sospetti sull'Ordine su menzionato
- item, viene riferito che questi sospetti erano diffusi e professati
- item, viene riferito che i fratelli secolari e professi hanno detto ai postulanti che essi potevano intrattenersi in rapporti carnali
- item, viene riferito che era lecito averli e che avrebbero dovuto farli e subirli in modo reciproco
- item, viene riferito che i fratelli professi e secolari hanno detto ai postulanti che tali rapporti erano leciti e che era giusto averli
- item, viene riferito che hanno avuto questi rapporti
- item, viene riferito che alcuni di loro li hanno avuti
- item, viene riferito che in ogni precettoria e provincia, i fratelli hanno tenuto idoli consistenti in teste, alcune con tre facce, altre con una, mentre altre avevano un cranio di osso umano
- item, viene riferito che i fratelli hanno adorato quegli idoli, soprattutto in occasioni importanti come i capitoli generali e le adunanze provinciali
- item, viene riferito che hanno venerato come loro Dio e loro salvatore ognuno di questi idoli
- item, viene riferito che tutti i fratelli lo hanno fatto
- item, viene riferito che alcuni di loro lo hanno fatto
- item, viene riferito che i fratelli hanno detto che tale testa poteva salvarli
- item, viene riferito che tale testa portava la ricchezza, faceva fiorire gli alberi e germinare i semi nella terra
- item, viene riferito che hanno toccato la testa di questi idoli con una cordicella che essi portavano sulle vesti o indosso alle carni
- item, viene riferito che tali cordicelle erano consegnate ai fratelli o parte di esse
- item, viene riferito che hanno fatto tutto questo per venerare un idolo
- item, viene riferito che i fratelli professi e secolari hanno ingiunto agli altri di portare queste cordicelle anche durante il sonno di notte
- item, viene riferito che i fratelli del sopra menzionato Ordine sono stati accolti in questo modo
- item, viene riferito che è stato fatto ovunque vi fosse una loro Casa
- item, viene riferito che è stato fatto nella maggior parte delle loro Case
- item, viene riferito che chiunque ha rifiutato tali pratiche è stato imprigionato e poi soppresso fisicamente
- item, viene riferito che alcuni di loro sono stati imprigionati
- item, viene riferito che qualcuno è stato imprigionato
- item, viene riferito che era fatto loro veto sotto giuramento di non rivelare tale pratica
- item, viene riferito che se qualcuno di loro avesse osato parlare sarebbe stato ucciso o imprigionato
- item, viene riferito che i confessori potevano essere solo confratelli del menzionato Ordine
- item, viene riferito che qualcuno lo ha fatto
- item, viene riferito che questi fratelli, consci dell'errore, non lo hanno corretto
- item, viene riferito che Santa Madre Chiesa non è stata avvertita di ciò
- item, viene riferito che le pratiche venivano fatte in tutti i territori di Oltremare e nei luoghi dove si trovavano il Gran Maestro ed il capitolo
- item, viene riferito che il rinnegamento di Cristo è avvenuto qualche volta avanti al Gran Maestro
- item, viene riferito che queste cose sono state fatte solo a Cipro
- item, viene riferito che queste cose sono state fatte ovunque si accogliessero nelle Case i fratelli
- item, viene riferito che le cose suddette sono state praticate in tutto l'Ordine in modo comune
- item, viene riferito che suddette cose erano parte dello statuto del menzionato Ordine
- item, viene riferito che il Gran Maestro aveva dato disposizioni che tali pratiche venissero fatte ovunque
- item, viene riferito che ogni visitatore era tenuto a farle
- item, viene riferito che ogni lamentela era punita in modo durissimo
- item, viene riferito che nel detto Ordine ogni dono caritatevole non veniva usato nel modo dovuto, e non si dava ospitalità a nessuno
- item, che nell'Ordine era consentito avere vantaggi in qualsiasi modo, sia esso lecito che illecito
- item, che non era considerato peccato commettere spergiuro per questa causa
- item, che si era soliti tenere i capitoli in segreto
- item, i capitoli erano tenuti in segreto perchè nessuno vedesse o udisse quanto essi facevano e quanto essi dicevano
- item, che i capitoli erano talmente segreti che i fratelli ponevano sentinelle sul tetto o nelle vicinanze del luogo di riunione, nel caso qualcuno si avvicinasse per vedere od origliare
- item, che erano usi a questa segretezza e la conservavano ad ogni costo
- item, che questa colpa è in essere nell'Ordine da molto tempo, poiché essi ritengono che il Gran Maestro possa assolverli dai loro peccati
- item, che esiste colpa ancor più grave, visto che ritengono che il Gran Maestro possa assolverli dai loro peccati, anche quelli non confessati o tralasciati dalla confessione per vergogna o per paura della punizione che potesse loro venire inflitta
- item, che erano presenti la maggioranza dei Precettori dell'Ordine
- item, che tali colpe erano insinuate loro dal Gran Maestro, dai Precettori e anche dai Visitatori
- item, che qualunque cosa il Gran Maestro facesse, soprattutto in capitolo, ordinasse, l'intero Ordine ha dovuto accettarla e osservarla come è poi accaduto
- item, che il Gran Maestro aveva quel potere e lo deteneva da molto tempo
- item, che le usanze perverse e gli errori duravano da un tempo talmente lungo che l'Ordine avrebbe potuto rinnovarsi più volte
- item, che tutto l'Ordine o almeno i due terzi di esso, pur essendo a conoscenza di queste colpe, ha trascurato di confessarle e abiurarle
- item, che non hanno volutamente informato Santa Madre Chiesa
- item, che non hanno rinunciato a commettere queste colpe nè si sono poi allontanati dalla Casa, pur avendo la possibilità di fare entrambe le cose
- item, che tanti fratelli, a causa della corruzione e delle varie colpe, si sono allontanati dall'Ordine, entrando in altri Ordini o per ritornare a vita secolare
- item, che le le colpe ascritte hanno suscitato grave scandalo contro l'Ordine nei cuori delle persone dabbene e nobili, persino di principi e regnanti, ad anche nel cuore di quasi tutto il popolo cristiano
- item, che tutte queste colpe sono state viste e sono palesi fra i fratelli dell'Ordine
- item, che queste colpe sono sulla bocca di tutti e di pubblico dominio all'interno e all'esterno dell'Ordine
- item, che la maggior parte di queste colpe lo sono
- item, che altre lo sono

Parte terza - L'interrogatorio di Jacques de Molay

"... dopo di questo, il mercoledì 26 di novembre, riuniti i signori commissari, in una camera posta nel retro dell'aula episcopale, il fratello Jacobus de Molayo, Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, fu scortato dal preposto Pictavensem e dal preposto Johannes de Jamvilla davanti ai signori commissari, come da notifica letta dal vescovo di Parigi, egli aveva chiesto di conferire con detti signori commissari e venire alla loro presenza. I medesimi commissari, chiesto a lui se volesse difendere l'Ordine e aggiungere altro a suo favore, egli rispose che l'Ordine era confermato dalla Sede Apostolica e che gli sembrava molto strano che la Chiesa di Roma volesse distruggere tale Ordine, essendo stata in ogni caso differita di 32 anni la sentenza apostolica che decretava la destituzione dell'imperatore Federico. Lui disse che non si riteneva poi così saggiol, quindi non poteva da solo difendere tutto l'Ordine ma che era pronto, nel limite delle sue possibilità, a difendere tale Ordine, per non essere tacciato di meschinità e di viltà, visto che l'Ordine gli aveva riservato molti vantaggi e molti onori; tuttavia la cosa gli sembrava difficoltosa, essendo lui prigioniero del Re e del Papa e che non possedeva denari da poter spendere per questa difesa o per altro ancora, se non quello che gli veniva offerto. Chiese quindi che gli venisse dato aiuto e consiglio, in quanto desiderava che delle colpe ascritte a tale Ordine si conoscesse la verità, e non solo fra i fratelli, ma anche nel mondo esterno, fra cui regnanti, prelati, principi, baroni, duchi, conti e probiviri, e il Maestro si diceva pronto ad ascoltare le tesitmonianze di tutti costoro. Il processo in verità è molto gravoso e detto Maestro non aveva nessuno, eccetto un fratello servitore, con cui consigliarsi. I signori commissari dissero al Maestro di riflettere bene alla difesa cui si accingeva e che ricordasse le cose che aveva già ammesso sulla sua persona e sull'Ordine stesso; tuttavia essi volevano favorirlo, poiché capivano la difesa che il Maestro voleva fare, e per quanto la ragione lo consigliasse, qualora avesse voluto portare avanti la difesa, i signori commissari gli concedevano una dilazione di tempo per poter riflettere su questo. Ma i signori commissari dissero anche che in un processo per eresia occorreva avere in forma semplice e senza grida la presenza di giudici e avvocati. I signori commissari quindi disposero che al Maestro fossero letti i capi d'accusa e le lettere apostoliche della commissione di inquisizione  contro il predetto Ordine, lettere fatte dalla Sede Apostolica e da altre quattro lettere apostoliche relative al processo ed anche una lettera di Maestro Guglielmo Agarni, preposto Aquensis, nella quale egli a buon diritto si scusava, ed un pubblico atto di citazione nel quale i nominati commissari chiamavano in giudizio l'Ordine del Tempio, i fratelli che appartenevano a tale Ordine ed altri; i commissari dicono che il contenuto delle quattro lettere apostoliche e dell'editto di citazione è stato inserito negli atti del processo; che venissero lette anche le lettere apostoliche in cui detto Maestro si riteneva confesso delle colpe ascritte, alla presenza dei reverendi signori padri per grazia di Dio, padre Berengario, vescovo Tuscolano, dei presbiteri dei santi Nereo e Achilleo, di Stefano di San Ciriaco in Termis e di padre Landolfo, diacono di Sant'Angelo, dei cardinali deputati e incaricati a tale scopo dal nostro Sommo Pontefice, facendosi per due volte il segno di croce, pareva assai meravigliato delle cose della sua confessione e di quelle contenute nelle lettere apostoliche, affermando anche che se detti commissari fossero stati diversi da quelli preposti, egli avrebbe detto cose diverse. I commissari risposero che non accettavano questa sfida, ed egli allora disse che, a Dio piacendo, ciò che Saraceni e Tartari facevano, venisse fatto a questi perversi commissari stessi; perché Saraceni e Tartari tagliano la testa a coloro ritenuti indegni e perversi o li tagliano a pezzi. Ascoltato ciò, detti commissari dissero che la Chiesa riteneva eretico chi veniva giudicato tale, e lasciava alla Curia secolare gli ostinati. Avendo domandato il Maestro stesso al nobile Guglielmo di Plaisans, milite del re che era giunto fin là su incarico dei commissari predetti, secondo quanto affermarono i commissari, per parlare con detto Maestro, che lui apprezzava e stimava in quanto soldato anche lui e perché, come affermato dallo stesso Guglielmo, provvedeva di non rimproverarlo o perdere senza motivo alcuno. Il Maestro quindi disse che se non avesse pensato bene alla difesa si sarebbe impiccato con le sue mani stesse, quindi doveva riflettere, e supplicò i commissari di lasciare a lui tempo fino a venerdì per questa riflessione, e i commissari concessero questo, anche dando a lui più tempo qualora lo avesse domandato. Quindi disposero, qualora non vi fosse alcuno che volesse impedire la comparizione del Maestro, ma non si era presentato nessuno, che fosse prorogato in modo benigno il termine di comparizione stessa fino al giovedì mattino dalle sei alle sette, non revocando quindi la dilazione concessa al Maestro, ma procedendo nel frattempo ad altre faccende inerenti il processo stesso, come conviene in questi casi. Quindi, il venerdì prima della festività del beato Andrea, i commissari si riunirono nella camera suddetta, e fratello Jacobus de Molayo, Gran Maestro dell'Ordine del Tempio, che il mercoledì scorso aveva fatto richiesta di poter riflettere fino ad oggi in merito alla difesa, fu portato alla presenza dei commissari stessi, che ringraziò per la dilazione concessa e per l'ulteriore dilazione che avrebbero concesso qualora egli ne avesse fatto richiesta. Posero quindi una briglia sul suo collo e si accinsero ad ascoltarlo. Il Maestro disse che lui era solo un soldato ed un illetterato povero, e che non poteva, nello stato in cui era, difendere l'Ordine. I commissari richiesero allora espressamente se il Maestro voleva difendere l'Ordine in altro modo, egli disse di no, ma che sarebbe andato alla presenza del Papa, quando al Papa piacesse, implorando i signori commissari che essendo lui come tutti gli uomini un semplice mortale, e che disponeva soltanto del tempo presente, che i commissari informassero il Papa di poter venire in sua presenza al più presto, per dire al Papa stesso che sia Lode a Cristo e alla Chiesa. I commissari dissero che non si intromettevano in merito a persone singole ma all'Ordine tutto, e chiesero se non dovessero proseguire nel processo apostolico stabilito dal Papa, ed il Maestro rispose che dovevano proseguire in modo buono in detto processo. Dopo ciò, il Maestro disse che voleva esporre tre argomenti, per il sollevamento della propria coscienza, ai signori commissari. Primo argomento era che il Maestro non conosceva nessun'altra religione che avesse cappelle e reliquie più belle di quella cristiana, ad eccezione delle spoglie cattedrali. Il secondo argomento era che il Maestro non conosceva nessun'altra religione nella quale vi fossero più elemosine e atti di carità come nella loro; difatti in tutte le Case dell'Ordine si faceva elemosina tre volte la settimana. Il terzo argomento era  che detto Maestro non conosceva nessun'altra religione nè altri popoli che in difesa della fede cristiana dessero la loro vita contro il nemico della stessa fede, né che spargessero tanto sangue e che fossero messi in dubbio dai nemici della fede cattolica; raccontò che il conte Atrabatense, quando morì in battaglia nelle terre di Oltremare, volle che i Templari si trovassero in prima linea nella sua battaglia, e se invece avesse dato ascolto all'allora Maestro del Tempio, sia lui che lo stesso Maestro non sarebbero morti, ma era certo che il conte aveva fatto questo a fin di bene, a difesa della fede cristiana. I signori commissari replicavano che comunque queste argomentazioni non portavano alla salvezza delle anime, in quanto mancava il fondamento della fede cattolica. Ma il Maestro ribattè che questo era vero, ma che egli stesso credeva in un solo Dio, nella Trinità e negli altri conosciuti principi della fede cattolica, che esisteva un solo battesimo, una sola Chiesa e che quando era giunto il momento della morte e l'anima si separava dal corpo, ognuno avrebbe conosciuto la verità sull'altro e su se stesso. Detto ciò, intervenne il cancelliere regio Guglielmo di Nogaret, e disse che il Maestro non aveva altro modo di difendere l'Ordine dalle altre accuse mosse, che giacevano negli atti e nelle cronache a San Dionisio, e che risultava che lo stesso Maestro e gli altri Dignitari dell'Ordine avevano reso omaggio a Saladino, sultano di Babilonia, e che lo stesso Saladino aveva detto che i Templari erano dediti a ciò che era sodomia e violavano la loro legge e la loro fede. Il Maestro disse che era molto meravigliato da ciò che udiva, in quanto esso ed altri fratelli soldato dell'Ordine avevano ben combattuto il Saladino e i suoi Saraceni e che mai si era mostrato accondiscendente verso Saladino e mai aveva lui reso omaggio o vi si era riappacificato; ma il commissario regio aggiunse che altri Templari avevano detto che era vero, in quanto non potevano essere difese le fortezze e le magioni presenti  in Oltremare, in quanto circondate dagli stessi Saraceni e non giungevano rinforzi o vettovaglie dal re di Inghilterra. Il Maestro ascoltò in silenzio e per tutta risposta chiese che potesse ascoltare messa, avere una sua cappella e dei cappellani. I commissari, lodando la sua devozione, concessero tutto ciò al Maestro. Dopo di tutto questo, il lunedì  2 marzo i predetti signori commissari si riunirono di nuovo nell'aula e furono condotti alla loro presenza alcuni fratelli della Casa di Parigi dell'Ordine affinché venissero ascoltati perchè difendessero l'Ordine. I fratelli risposero nel modo seguente: il fratello Johannes de Turno, tesoriere del Tempio, rispose che nella situazione in cui si trovava, non poteva nè voleva difendere il detto Ordine; il fratello Guglielmo de Arteblayo, già elemosiniere del Re, disse che non avevà alcunché da dire a difesa dell'Ordine; il fratello Filippo Agate disse che non era in grado né voleva difendere l'Ordine; il fratello Baldovino di San Giusto disse che non voleva difendere detto Ordine; di nuovo interrogato, il fratello Jacobus de Molayo, soldato e Gran Maestro del Tempio, se volesse difendere l'Ordine, rispose che tale cosa era riservata al Papa, e perciò supplicava i signori commissari che lo lasciassero libero di non parlare se non alla presenza del Papa e solo allora avrebbe detto ciò che riteneva necessario dire. I signori commissari replicarono che contro il singolo nulla potevano, ma dovevano proseguire nel processo all'Ordine nella sua interezza. Il Maestro chiese allora ai signori commissari che scrivessero al Papa affinché venissero convocati lui e gli altri, alla sua presenza, e i commissari risposero che lo avrebbero fatto il più presto possibile.
"Nel nome di Cristo, amen. Siano resi edotti tutti per questo pubblico presente atto che nell'anno del Signore 1307, indizione sesta, mese di ottobre, nel giorno 24 di stesso mese, anno secondo del pontificato di santo padre Clemente V, Papa per provvidenza divina, per quanto in proposito del religioso uomo Guglielmo de Parisius, dell'Ordine dei Predicatori, inquisitore nominato all'Eretica Pravità e deputato a ciò nel regno di Francia per autorità apostolica, nella Casa della Milizia del Tempio di Parigi per indagare contro ogni persona ivi esistente a lui denunciata per tale eretico crimine, alla presenza dei nostri pubblici notai, il fratello Jacobus de Molayo, Gran Maestro della Milizia dell'Ordine del Tempio, avendo giurato sul Vangelo a lui presentato e dallo stesso toccato, di dire in difesa di sè e degli altri nell'interesse della fede cattolica, piena e totale verità, e interrogato sul tempo e sul modo della sua accettazione nell'Ordine, rispose sotto giuramento che sono passati 42 anni da quando fu accolto presso la Milizia dell'Ordine del Tempio, dal fratello Umberto de Parado, milite e dei fratelli Amalrico de Ruppe e di molto altri fratelli di cui ora non ricorda il nome. Il Maestro disse sotto giuramento che dopo molte promesse che doveva rispettare e osservare, fra cui gli Statuti dell'Ordine, gli misero un mantello legato al collo e che gli fu recato avanti una croce in bronzo, nella quale c'era la figura del crocefisso, e che gli viene ordinato di rinnegare Cristo la cui immagine era lì, e che gli fu ordinato di sputare sopra l'immagine, ma lui sputò per terra. Interrogato su quante volte gli fu ordinato di sputare, egli rispose che sputò solo una volta, e a terra. Interrogato sul voto di castità, e se fosse disposto ad avere rapporti carnali con gli altri fratelli, rispose sotto giuramento che non lo fece mai, nè mai ebbe rapporti carnali con gli altri fratelli; richiesto sotto giuramento se altri fratelli dell'Ordine venissero accolti con tali modalità, disse che non fu fatto ad altri quello che non fu fatto a lui, e rispose che comunque furono pochi. Tuttavia aggiunse, sempre sotto giuramento, che dopo aver accolto coloro che egli nominò, li consigliava di farsi da parte e fare ciò che dovevano; richiesto se avesse detto qualcosa di non vero nella sua deposizione per torture e per la paura del carcere o di violenze, rispose di no, ma disse di aver detto la verità per la salvezza della sua anima..."

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